πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός - panta rei os potamòs - tutto scorre come un fiume

martedì 30 dicembre 2008

ERNESTO CHE GUEVARA - "IL CHE"


Il 24 Novembre 1956, notte di tregenda.
Nonostante la capitaneria di porto proibisca la navigazione, l’ordine di salpare rimane.
Contro ogni logica, in un battello concepito per il trasporto di dieci persone, sono stipati 78 cubani, un messicano, un domenicano, il trevigiano Gino Donè Paro e l’argentino Ernesto Guevara.
Questo ultimo, affetto da asma cronica, imbarcatosi come medico della spedizione.
L’intercalare tipico della lingua natia, cantilenante ritorna sistematicamente nei discorsi di Ernesto, facendogli guadagnare l’appellativo di “Che” , soprannome che lo accompagnerà per la vita.
Buon lettore, adolescente dotato e intelligente, conseguita la laurea in medicina, intraprende con l’amico fidato un viaggio per vedere il mondo con i propri occhi.
Inforcata la “Poderosa” motocicletta, percorre migliaia di chilometri attraverso il sud America, per poi fermarsi a prestare servizio volontario in un improvvisato ambulatorio per lebbrosi.
Esperienza che ricorderà sempre con viva commozione.
Nell’incontro con Fidel Castro Ruz, giovane avvocato cubano in esilio; l’ideologia comunista di eguaglianza tra gli uomini e la sete di giustizia trovano il giusto contesto per tramutarsi in azione.
Il 2 Dicembre 1956, sbarca in terra cubana, con altri 81 compagni.
Ad attenderli quarantamila soldati del dittatore Batista.
Un massacro. Soltanto metà dell’equipaggio sopravvive allo scontro.
Sperduti tra le mangrovie e perso ogni contatto con Fidel; assieme ad altri 7 superstiti Ernesto si rifugia sulle montagne.
E’ qui che a parer mio, si manifesta il carisma che lo contraddistingue.
In questa landa desolata, senza lamentarsi della scarsità di mezzi, inizia l’opera.
Riorganizza il villaggio, apporta significative innovazioni in campo agricolo ottimizzando le risorse, istituisce una scuola dove egli stesso impartisce lezioni ai montanari.
Insegna a leggere, scrivere e con il far di conto i fondamenti dell’ideologia comunista.
Tra i contadini cubani si sparge la voce: “I rivoluzionari lottano per i nostri diritti”.
Ottiene il consenso e l’appoggio del popolo e con esso cibo e riparo dopo ogni battaglia.
Questo è il segreto che ha permesso a soli 40 uomini di decimare, giorno dopo giorno,
con sortite di guerriglia, l’esercito di Batista ben più numeroso ed organizzato.
Salito sulle montagne come medico, Ernesto scende per ricongiungersi con Castro come: il comandante Che Guevara.
Il “Che” uomo dai profondi ideali, non ha accettato i limiti che la salute ed i natali gli imponevano.
Non soddisfatto della realtà si è prodigato a rischio della stessa vita per creare un’ alternativa.
Per alcuni un assassino visionario, per molti un eroe.

Chi è il genio: se non colui che lascia la sua impronta nella storia.

venerdì 5 dicembre 2008

ALLE CINQUE DELLA SERA – Lamento per Ignacio e altre poesie - F. Garcìa Lorca


La poesia rappresenta per me, un continente oscuro posto nel pianeta letteratura.
In rare occasioni mi sono avventurato in queste terre, sempre in punta di piedi, timoroso di calpestare fiori di cui percepisco la bellezza ma non riesco a gustare appieno la criptica essenza.
In una di queste esplorazioni, scoprii la raccolta di poesie, scritte da Federico Garcìa Lorca, ALLE CINQUE DELLA SERA – Lamento per Ignacio e altre poesie.
Di questi versi mi innamorai, e da allora non gli ho più scordati.
Di passaggio dinnanzi al mobile libreria, non posso resistere al desiderio di soffermarmi e sfogliare le pagine, rimanere ancora qualche attimo in compagnia delle calde parole.
Per correttezza verso coloro che di arte vivono, riporto di seguito solo qualche riga, consigliando al lettore motivato il testo integrale.

Vorrei essere sulle tue labbra
per spegnermi nella neve
dei tuoi denti.

Che il tuo cuore si facesse
tomba del mio che soffre.

Vorrei che tutta la mia anima
entrasse nel tuo corpo piccolo
ed essere io il tuo pensiero
ed essere io la tua bianca veste.

Per farti innamorare
di me con passione così forte
che ti consumi cercandomi
senza mai incontrarmi……


F. Garcìa Lorca

mercoledì 26 novembre 2008

IL GRANDE GIOCO


Seduto nella sala di attesa del mio dentista a riflettere sul perché, fissato un appuntamento con mesi di anticipo, mi trovassi ora ad aspettare il mio turno con un ora abbondante di ritardo.
Sono certo! Nella mia vita non in una sola circostanza il mio dentista ha onorato l’impegno preso, condannandomi ad ascoltare per ore, lo stridere dei trapani, il mugolio del paziente di turno e i noiosissimi aneddoti dei compagni di attesa.
Per ingannare il tempo pesco una copia dell’Espresso dal porta riviste, lo sfoglio sino all’ultima pagina dove mi soffermo sulla recensione scritta da Umbro Eco del libro ‘Il Grande Gioco’ di Peter Hopkirk (Adelphi).
Ne riporto un sintetico estratto:
La ricostruzione riguarda l'intrico di giochi spionistici, assedi, guerre e guerriglie che si sono svolte tra agenti ed eserciti russi e inglesi su quel crinale che separa l'India dall'Afghanistan
Una storia fatta di ambiziosi ufficiali e avventurieri con un pelo così sullo stomaco, che si travestivano da mercante armeno o da pellegrino, percorrendo deserti e montagne mai visitati da un europeo, i russi per studiare il modo di espandersi verso l'India, gli inglesi per salvaguardare il loro impero coloniale e creare alle frontiere una serie di stati cuscinetto con emiri, khan, reucci fantoccio. Una storia fatta di agguati, decapitazioni, assassini nei palazzi reali.

Data la profonda stima ed il rispetto che da anni nutro per il professor Eco, sono andato in libreria per acquistare il libro.
Visto che non è poi una lettura così comune l’ho ordinato e finalmente dopo un attesa di due settimane è iniziata la lettura.
Un “mattone” per terminare le 624 pagine che lo compongono, sono ricorso a tutta la mia forza di volontà.
Un libro dagli indiscutibili colti contenuti, pure la forma è scorrevole, ma per quanto l’autore si sia prodigato a costruire una trama accattivante, i numerosissimi personaggi si muovono lenti tra cospirazioni e complotti di politica estera satura di intrighi internazionali.
Dalla lettura di queste pagine comunque ho tratto un immagine più nitida della Russia e di come ancor oggi perpetui con tenacia una politica estera votata all’espansione, che trae i suoi fondamentali dall’epoca napoleonica.

Estate 2008, i carri armati russi varcano il confine georgiano. Mosca riconosce lo stato libero dell’ Ossezia……

martedì 11 novembre 2008

Questa storia - Alessandro Baricco


Il primo libro di Baricco l'ho letto quattordici anni fa mentre svolgevo il servizio di leva, sdraiato sulla mia branda e dividendo la camerata con altri sessanta militi.
Oceanomare ,il testo in questione grazie alla sua intensa trama, è riuscito ad assorbirmi al punto di dimenticare il chiasso causato dal chiacchierio dei commilitoni.
Teminato Oceanomare, va da se, che di slancio mi sono bevuto: "Castelli di rabbia", "Novecento"e "Seta".
A mio parere questo ultimo resta l'opera magna di Baricco; un condensato di sentimenti ed avventura.
I romanzi di stesura successiva tipo Next o Senza sangue, mi hanno annoiato, solo con City le emozioni di un tempo sembravano ridestarsi, delusione solo per poi riassopirsi.
In questi giorni guardando la libreria alla ricerca di qualcosa da leggere, mi è scivolato tra le mani una copia, acquistata anni fa, di Questa storia.
L'ho letto di un fiato, un romanzo che usa come sfondo le corse automobilistiche di inizio secolo, per proiettarci in un susseguirsi di situazioni, dalla guerra di trincea del Carso, all' Inghilterra dei primi aviatori.
La trama dai repentini cambi di direzione, ci presenta povera gente il cui destino si intreccia con quello di facoltosi ereditieri, per insegnarci che non basta una vita per guadagnare la vera ricchezza.
Un libro semplice che mi ha indotto a piacevoli riflessioni.

giovedì 17 gennaio 2008

"Sono un conservatore nel senso inteso da Hannah Arendt, che si preoccupava della preservazione del mondo. Oggi comunque non c'è più ordine costituito, ma solo un cambiamento costituito. La nostra sola tradizione è il progresso. Viviamo in nome del movimento e del cambiamento continuo. In questo contesto, io mi considero un rivoluzionario, perché ormai la sola rivoluzione possibile è quella che interrompe le derive contemporanee".
Alain Finkielkraut