πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός - panta rei os potamòs - tutto scorre come un fiume

lunedì 8 dicembre 2014





Tra il 1939 al 1942, il nostro paese ha dichiarato guerra a 19 paesi contemporaneamente con un altissimo indice di gradimento nazionale!
Come un formicaio che dall'oggi al domani decida di conquistare la fattoria che lo ospita, il governo italiano si è lanciato entusiasta nell'impresa di invadere le Russie!

Probabilmente all'epoca, assai scarsa doveva essere tra la popolazione la consapevolezza di cosa la Russia rappresentasse nella realtà, forse nell'immaginario collettivo si pensava di affrontare poco più di una schiera di sperduti contadini alfabeti.
Ad aspettare il contingente italiano sulle rive del Don c'era l'armata rossa.
La battaglia di Nikolajewkaper, una tragedia pagata dal nostro paese con oltre centomila caduti , non è nemmeno annoverata  nei libri di storia russa; un evento talmente insignificante da svanire nel quadro generale del conflitto.
Per circa un anno i militi italiani sono stati braccati, come il gatto al topo, dalle pattuglie partigiane sovietiche. Incarnare tanta sofferenza è impossibile.
Immaginare di  camminare in piena notte nel mezzo di una tormenta di neve a 50°C sotto zero, ricoperti di cenci con la barba e l'estremità del corpo serrate in un' eterna morsa di ghiaccio.
Anteporre solo una fievole volontà al bisogno di riposare dopo giorni di marcia ininterrotta, non cedere al desidero di un effimero riposo ed inginocchiarsi nella neve per qualche minuto ed essere trasformati in statue di ghiaccio.
Abbandonati con l'ordine di resistere ad oltranza per permettere al resto delle forze armate italiane di "ripiegare", perché in guerra non ci si ritira mai, al massimo si ripiega per riorganizzare le forze e procedere al contrattacco.
Lo sfinimento e gli spasmi della fame che mordono sino a far smarrire la ragione, il terrore di rimanere indietro separati dai compagni ed in balia di estranei tramutati in belve dai bisogni.
Anime regresse dall'istinto di sopravvivenza a poco più che bestie disposte ad uccidere per un angolo di porcile pur di riposare qualche ora al riparo dal vento siberiano.
Compressi sino all'inverosimile nei pochi ripari, e quando non è più possibile entrare dalla porta si sfondano con il calcio del fucile le finestre ci si lancia disperati gli uni suglia altri.
Chi non trova riparo, fuori al buio ed al gelo in una scintilla di maligna pazzia da fuoco ai tetti di paglia in modo che nessuno possa godere  di ciò che a loro è stato negato.
Magra consolazione se alla fine delle ostilità , la radio sovietica riconosca gli onori al reggimento alpino italiano, come unico corpo a lasciare imbattuto il suolo russo.
Su centomila soldati inviati a presidiare il fronte sul Don, solo 2600 sono sopravvissuti ed hanno fatto ritorno, la maggior parte dei quali feriti o congelati, talmente malridotti e cenciosi che è stato impartito l'ordine di sigillare i finestrini del treno che li conduceva in Italia per risparmiare alla popolazione la vista tale scempio......e pensare che questi ragazzi erano convinti di venir accolti in patria da eroi!

Un' intera generazione di ragazzi e non bestie, inviata a rincorrere un' assurda ambizione... 






martedì 28 gennaio 2014

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve - Joan Jonasson


Fa ridere! Ti fa ridere dentro!
Impossibile scorrere le righe di questo romanzo senza che un abbozzo di sorriso si disegni sulle labbra.
Fresco ed originale, ironico nella stesura di una trama improbabile eppure non priva logica.
Nessun spunto per profonde riflessioni, ma un racconto dinamico che trasuda vitalità.

venerdì 10 gennaio 2014

venerdì 3 gennaio 2014

Disincanto



Il mondo procede nonostante!
Ignorando la mia radicare presa di consapevolezza. Il sole ostinatamente sorge ed il tempo snocciolandosi trascorre. Allo sguardo tutto appare diverso, eppure nulla cambia. Sono i presupposti a conferire significato al singolo gesto. Come nell'incontro con un vecchio compagno di studi, dopo anni i presupposti rimangono immutati. L'intelletto gioca con la percezione, restituendo una sorta di famigliarità, reminiscenze di tempi passati, brandelli di un' esistenza condivisa fra i banchi....infine il disincanto.